Due gli occhi, due le città, una poesia, ma moltiplicata per due. Si inaugura così un nuovo stimolante gioco culturale. Che parte da Firenze, beninteso.
L’ubiquità eteronimica è la possibilità garantita dall’arte a una stessa persona, individuata da diversi nomi, di essere e stare in diversi luoghi nel medesimo tempo; è consistere in quanto poeti, filosofi, artisti grafici, artisti plastici senza riuscire a scindere tra di loro questi modi di essere; è rimanere sempre e solo una persona e ospitare in sé molte personalità conviventi cooperativamente: “Ubiquità eteronimiche” è lo spazio virtuale che ospita le idee e le opere di chi vive o ha vissuto a Firenze, ma che spiritualmente permane in città; di chi ha prodotto o produce a Firenze, ma che, dovunque crei, l’essere stato qui gli è imprescindibile; di chi è fiorentino, ma sta bene nel mondo, di chi è del mondo, ma sta bene a Firenze; di chi molto seriamente gioca perché ha smascherato il gioco della serietà. Chi volesse diventare cittadino di “Ubiquità eteronimiche” e sia in possesso dei requisiti può inviare alcune foto delle opere realizzate a Firenze e i versi che da queste sono inseparabili.
Occhi di carta, ValVest Firenze 2000
Inaugura lo spazio ValVest, al secolo Valentino Vestinovi, creatore italo-brasiliano primo cittadino onorario della repubblica degli eteronimi ubiqui.
Occhi di carta.a, ValVest Firenze 2000
Sotto il segno della “doppiezza” l’opera di ValVest: Padre italiano madre slava; italiano di cuore, brasiliano d’adozione; due gli occhi da cui si lascia tubare; gli occhi delle due città amate che lo ricambiano di fertile ispirazione: Florianopolis, Brasile, e Firenze Italia, due città del fiore agli antipodi; due le date fatidiche 2000, 2014.
Occhi di cristallo, ValVest Firenze 2000
«Solo quando ho trovato le foto che vi mando, ho capito il senso» racconta ValVest «di questi miei ultimi scatti fiorentini: mi sentivo scrutato, sedotto, penetrato, respinto e desiderato dagli occhi che avevo incastonato in un mosaico di carta e in uno di vetro e smalto su cui stavo lavorando allora; gli occhi di Firenze, gli occhi del tempo… I versi che accompagnano le foto – versi scritti ora, a Florianopolis dove vivo – sono per non dimenticare l’attimo della comprensione, che è arrivato guardando le foto di due opere il cui senso ancora mi sfuggiva, prima di decidere di mandarvele, ora non più…».
Gli occhi dei tuoi occhi Vetro e ghiaccio Stecchi e foglie Guardano dentro la terra Vedono in fondo al bosco Fluiscono umorosi dentro Terminano dove inizio Gli occhi dei tuoi occhi |
Os olhos dos teus olhos
Vidro e gelo Galhos e folhas Olham dentro da terra Enxergam no fundo do bosque Fluem humorosos dentro Acabam onde eu começo Os olhos dos teus olhos |
ValVest, Florianopolis 2014
Ringraziamo per la traduzione in portoghese Don Tommaso, amico dell’artista, nonché professore d’italiano all’Università di Belo Horizonte.
P.S.:
Sono costretta a intervenire per cercare di spiegare l’inesplicabile: mentre l’intervento di ValVest è stato da me pubblicato su questo blog è invece apparso, come per arte di magia, tradotto in spagnolo, sul blog del collega saragozzano Fernando Juberias Calvohttp://almacendecoloniales.blogspot.com.es/2014/03/ubicuidades-heteronimicas.html
Fernando non conosceva ValVest e non riesce a capacitarsi dell’accaduto, che considera un atto di hackeraggio; giustificandolo come un fenomeno della imperscrutabile densità di Internet, pensa che si tratti del gesto di un “artista cuculo” che ha deposto un ingombrante uovo nel suo sito; si tratta sicuramente di un artista nomade e ubiquo, dice, che deambula in Internet depositando la sua opera nei luoghi più insospettati: conoscendo ValVest, posso assicurare che questo è l’atto gratuito con cui ha sigillato l’aleatoria riproducibilità dell’opera d’arte e la possibilità che si autoattribuisce di potere essere in luoghi diversi nello stesso tempo.
Fernando non sa tutto questo, ma lo intuisce e lo dimostra nel breve scritto che premette all’invasione hackeristica di ValVest: l’interventoche segue è completamente alieno alla mia volontà – precisa Fernando – è un incastonamento apparentemente migrato dal blog di una creatrice fiorentina dove questa stessa azione artistica appare proprio in questi giorni. Fernando però non ha dubbi: l’atto di parassitismo, o meglio di simbiosi, possiede una qualità che lo obbliga all’accoglienza e, dunque, decide di lasciarlo nel caso qualcuno dei possibili navigatori del suo blog ne tragga godimento.