Apre oggi al pubblico una nuova mostra agli Uffizi. Una mostra molto diversa dal solito per il nostro amato museo, che sempre più cerca non solo di fare cultura, ma anche di raccontare storie.
Non so bene chi sia il protagonista di questa mostra, se l’uomo o le opere d’arte esposte, peraltro di grande valore artistico. Sicuramente la sensazione che si ha visitandola è quella di aver visto un’anima appesa alle pareti di quelle sale, frammentata in cento quadri che gli appartennero e declinata nei documenti che attestano il suo passaggio nel mondo. E’ un incontro toccante, dunque, come sempre lo è l’incontro d’anime, anche quando non si sono mai conosciute.
Francesco Molinari Pradelli nacque a Bologna nel 1911 e poco più di vent’anni dopo la critica e il grande Arturo Toscanini già lo definivano direttore d’orchestra di sicuro avvenire. Avevano ragione, perchè di lì a poco Francesco iniziò a calcare non solo tutti i maggiori palchi italiani, ma anche quelli europei ed americani, ottenendo un consenso di pubblico sempre maggiore.
Firenze ebbe l’onore di ascoltarlo varie volte, ospite del Teatro Comunale, in cui si esibì dirigendo concerti sinfonici e opere.
Ma più il tempo passava più Francesco si accorgeva che non era solo la musica ad ispirarlo, ma anche l’arte. E non gli bastò più di guadarla, ma volle anche possederla, quest’arte, tanto che durante la sua vita riuscì a collezionare ben duecento dipinti, la metà dei quali troviamo ora esposti agli Uffizi.
Fu una passione tutta personale, totalmente indipendente dalle mode del tempo e dai pareri dei critici. Il suo innato talento, coltivato attraverso un silenzioso studio di manuali d’arte e di riviste specialistiche, lo portò a fare scelte raffinate, che pure evitavano quasi sempre di ricadere su nomi di richiamo.
Si dedicò, dunque, alla raccolta di nature morte sel Seicento e del Settecento, genere colto, oggi riscoperto dalla critica ma allora poco compreso. Nei suoi viaggi intorno al mondo tra un concerto e l’altro andava a ricercare nelle gallerie i pezzi che gli piacevano. Lasciava la sua arte, la musica, e prendeva arte, i quadri, in una sorta di baratto ideale che andava arricchendo entrambe le parti. Poco a poco la sua casa nelle campagne di Bologna si riempì di opere che lui generosamente mostrava agli storici d’arte dell’università della sua città ed offriva alle mostre per il pubblico godimento.
Difficilmente si sarebbe potuto immaginare che un casolare dall’aspetto poco appariscente contenesse un simile tesoro. Ma a lui andava bene così: nel suo anticonformismo prediligeva le gioie autentiche, come leggere un libro d’arte nel suo parco proteggendo le spalle con Il Resto del Carlino piegato due volte contro lo schienale, come portare armonia attraverso i voli della sua bacchetta, come guardare una natura morta.
foto A. Baldi
La mostra è visitabile fino all’11 maggio 2014, da martedì a domenica, dalle 8.30 alle 18.30. Prezzo del biglietto: 11 euro intero, 5,50 ridotto.
Ringrazio il mio amico Alessandro Baldi per le numerose foto che ha scattato e per avermi accompagnato in questa scoperta.
Il salotto del Maestro ricostruito in una sala della mostra, foto A. Baldi